Buongiorno Ciro, ci parli un poco dell’ispirazione che l’ha portata a scrivere questo romanzo.
Buongiorno a voi innanzitutto e grazie per l’intervista che mi avete concesso.
Il racconto nasce dall’unione di due mie passioni, per i saharawi ed il deserto in cui vivono e per i procidani e la loro meravigliosa isola.
Il mare, i panorami e la luce che tutti i giorni accompagnano il percorso verso il mio luogo di lavoro, Procida appunto, hanno fatto il resto. Questo libro è stato interamente scritto in navigazione e pertanto l’ho definito un “boat book”.
L’isola di Procida, dove la storia prende luogo, è un luogo magico per lei? O per meglio dire, da favola?
Procida è da sempre un luogo magico e fonte d’ispirazione per chi, come me, ha la sensibilità di coglierne la bellezza. I profumi del mare e della terra, l’architettura arabeggiante e le tinte pastello degli edifici, la personalità degli isolani inizialmente scontrosi ma poi generosi, ma soprattutto quei ritmi lenti ma continui ed inesorabili come il moto ondoso denotano una comunità umile e laboriosa, che conserva ancora valori semplici ed autentici. Credo che questi rappresentino la base da cui dovremmo ripartire quando quest’incubo invisibile sarà terminato.
Favola, all’anagrafe Betta, invece è la bella fidanzata di Moulay, il giovane saharawi protagonista del racconto.
È la sua prima esperienza come scrittore? Ha in mente di scrivere altri libri?
Mai nella vita avrei immaginato di scrivere un libro. L’italiano a scuola era la mia materia “spreferita” (perdonate il neologismo), ma talvolta la vita ti riserva delle piacevoli sorprese e la realtà riesce anche a superare la fantasia. È ciò che mi sta accadendo dopo la pubblicazione del mio primo romanzo che, con quasi mille copie vendute in un anno di vita, mi sta regalando soddisfazioni impreviste, luoghi magici e relazioni interessanti e proficue.
La passione per la scrittura quando comincia a scorrerti nelle vene diventa parte di te e quindi, come ossigeno puro, non puoi più farne a meno. Ho appena terminato la scrittura del mio secondo romanzo titolato “Fiori nell’hammada”, edito ancora da Edizioni Mea una giovane e promettente casa editrice napoletana con cui ho instaurato un rapporto quasi fraterno.
Il titolo del libro sembra quasi un richiamo al famoso romanzo “Misery” di Stephen King da cui è stato tratto il film “Misery non deve morire”. Quali sono le affinità tra i due?
In realtà il titolo è un guanto di sfida, motivo per cui ho anteposto l’# che è proprio il simbolo della sfida (le challenge) nei social network. Giovanni, bancario, viene improvvisamente assegnato nella piccola filiale di Procida, prossima alla chiusura a seguito di un piano di riduzione dei costi del proprio istituto di credito. Affascinato dall’isola e dai suoi abitanti decide di impegnarsi al massimo per evitare la soppressione dell’agenzia. C’è poi un altro significato che scoprirete leggendo il romanzo e collegato al destino di zia Vittoria, la facoltosa zia procidana di Moulay.
Con la storia raccontata da Stephen King c’è un punto di contatto molto forte che riguarda le forme che l’amore può assumere, ma non posso spoilerare nulla.
Lei è il tesoriere di una piccola Ets (Ente del Terzo Settore) impegnata in favore del popolo saharawi. Qual è stata l’esperienza personale più significativa con tale popolazione che ci può raccontare?
Nel Marzo 2019 sono stato per circa dieci giorni ai campi profughi in Algeria, vicino Tindouf, dove il popolo saharawi vive profugo ed esule. I saharawi infatti, dopo essere stati una colonia spagnola per oltre quarant’anni, nel 1975 a seguito di un accordo tra Spagna, Marocco e Mauritania vengono invasi dall’esercito marocchino che ancora oggi occupa illegalmente il loro territorio natìo, il Sahara Occidentale. Dopo sedici anni di guerra, nel settembre 1991 viene firmato un accordo per il cessate il fuoco sotto l’egida dell’ONU. A valle di questo accordo avrebbe dovuto svolgersi un Referendum di autodeterminazione del popolo saharawi che nel frattempo aveva fondato nel 1976 la RASD (Repubblica Araba Saharawi Democratica). Purtroppo però, a tutt’oggi, dopo ben 45 anni tale Referendum non è ancora stato realizzato e i saharawi vivono in tre differenti zone. Quelli che si sono arroccati nel Sahara Occidentale vivono in completa privazione dei diritti civili; quelli che abitano nei territori liberati a seguito della guerra, a ridosso di un muro di 2.720 Km costruito dal Marocco negli anni ’80 e disseminato da mine antiuomo; ed infine quelli che popolano il deserto dell’hammada, una zona difficile e inospitale offerta dal governo algerino. Il popolo saharawi vive in condizioni di estrema povertà grazie agli aiuti umanitari dell’ONU e delle altre associazioni umanitarie, come la nostra.
Buona parte del ricavato del libro viene devoluto al popolo saharawi, che è uno dei più alfabetizzati d’Africa.
Quali effetti ha avuto su di lei tale esperienza e quanto ha trasformato la sua vita?
La missione ai campi profughi saharawi svolta due anni fa ha completamente stravolto la mia scala di valori e le mie priorità. Mi ha profondamente colpito la grande dignità con cui vive questo popolo fiero ed il sorriso puro dei bambini, poveri ma con una grande ricchezza interiore. Ritengo che un viaggio del genere debba essere compiuto da ciascuno di noi per apprezzare tutto ciò che abbiamo e che invece troppo spesso diamo per scontato.
La mente creativa blog parla diffusamente di creatività. Lei si ritiene una personalità creativa? Che cosa stimola la sua creatività?
Ho sempre avuto grande fantasia nello scrivere dediche, bigliettini di auguri e qualche poesia (ne ho composta una bellissima quando è nata mia figlia Lorena). Ritengo tuttavia che il mio motore principale sia la curiosità. Tutto ciò che mi circonda fornisce degli stimoli al mio io bambino e ficcanaso. Non a caso ho deciso oltre vent’anni fa di diventare un sindacalista. Ho sempre a cuore i problemi degli altri, mi faccio condottiero per riportarli nelle opportune sedi e divento ossessivo e petulante fino alla loro risoluzione. Traggo spunti da ogni cosa che vedo, che capita a me o agli altri e la adatto alla scrittura che oramai pervade ogni mia cellula.
Vi invito a leggere #ProcidaNonDeveMorire -un saharawi con il mare nel cuore per condurvi in un viaggio multi sensoriale nei miei sentimenti attraverso quel ponte culturale che attraversando mari, montagne e deserto unisce la capitale italiana della cultura 2022 con un popolo fantasma che chiede pacificamente di ritornare ad abitare la propria Terra e a sentire il profumo del mare…